E’ del tutto evidente che un partito (ma anche una qualsiasi associazione) sia di proprietà dei suoi iscritti.

Bene.

Questo vale anche per la Dc, i cui associati, tali fino al 1992, erano gli unici proprietari del partito ed eleggevano dei dirigenti pro tempore.

Il 18 aprile 1994 Martinazzoli l’ha sciolta illegittimamente (sentenza Cassazione 25999/2010), trasformandola in Ppi.

A quel punto o si creavano nuove Dc bis-ter-quater (tra cui quelle che ogni tanto si inventa Rotondi), o si proseguiva nel percorso viziato ab origine di Ppi-Cdu-Udc, o si creava un partito in dichiarata discontinuità (Ccd, De), o si perseverava nella continuazione storico-giuridica della Dc.

Questo è quanto è stato fatto con l’Assemblea dell’Ergife del 26 febbraio 2017 in cui il giudice ha riconosciuto la validità della base associativa rappresentata da 1742 iscritti alla Dc del 1992, che avevano confermato la loro adesione nel 2012 ed ottenevano dal presidente del tribunale la convocazione dell’assemblea di questi stessi iscritti sulla base di una richiesta formulata da un gruppo di dirigenti (tra cui Renato Grassi, Renzo Gubert, Luigi D’Agrò) rappresentativi di almeno un decimo degli associati.

L’Assemblea dell’Ergife eleggeva presidente Gianni Fontana cui veniva affidato il compito di riprendere l’iniziativa del Partito.

Sono, poi, seguiti, i congressi del 2018 e del 2023, la presentazione di liste, le elezioni di consiglieri regionali ed amministratori comunali sempre sotto la denominazione Democrazia Cristiana, accompagnata al simbolo ora dello scudo ora del drappo crociato (ma questa è un’altra vicenda su cui avremo modo di ritornare in seguito).

E’ del tutto evidente che la nostra esperienza sia l’unica a proseguire la Dc sorta nel 1943, illegittimamente sciolta nel 1994, ripartita il 26 febbraio 2017 non per iniziativa di un inventore di democrazie cristiane, ma per la volontà dei suoi soci, i veri e gli unici padroni del partito.

Rotondi se ne faccia una ragione e la smetta di attribuirsi rappresentanze che non possiede.

Del resto siede in Parlamento come deputato di Fratelli d’Italia.

Resti lì con senso di gratitudine per il dono di un buon collegio che meno di un anno fa Giorgia Meloni ha voluto offrirgli.

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