Il recente femminicidio consumatosi a Rivoli all’interno delle mura domestiche con la drammatizzazione che la figlia di tre anni abbia assistito al tragico gesto consumato dal papà nei confronti della mamma ha già avuto la piena solidarietà della sezione di Rivoli alla cittadinanza ferita, all’amministrazione colpita e, soprattutto, alla bambina che, forse, non leggerà mai il comunicato della nostra sezione, ma che rimane il vero soggetto da assistere lungo un percorso che non sarà nè facile nè breve.
Probabilmente questo trauma accompagnerà tutta la vita della bambina di oggi, adolescente e donna domani.
A lei va l’auguro più sincero e partecipe della Dc rivolese e la speranza che valori e principi in cui il partito tutto crede possano lenire la sua sofferenza.
In questa occasione, così prossima alla Dc piemontese, la Democrazia Cristiana vuole precisare la sua posizione su un problema di dimensioni sempre più drammatiche.
Se il lavoro che il governo ha intrapreso per proteggere le donne attraverso provvedimenti di prevenzione nei casi che rischiano una drammatica degenerazione sono senz’altro condivisibili e debbono essere applicati con tempestività e rigore nei confronti dei sospettati, il caso di Rivoli insegna che vi sono situazioni imprevedibili se affidate solo alle forze dell’ordine ed alla magistratura.
Per la Dc che sostiene la centralità della famiglia, constatare che all’interno del nucleo primario si annidino rischi mortali per la mamma e la moglie a causa del comportamento deviato del padre e del marito causa profonda costernazione ed impegna il partito a formulare proposte capaci di andare oltre l’impegno recentemente annunciato.
Bisogna a nostro modo di vedere lavorare su due filoni.
Il primo è quello di educare i giovani al rispetto ed alla profonda consapevolezza che uomo e donna si integrano su un piano di diversità ma di assoluta parità. Bisogna che sia sempre chiaro ai ragazzi di oggi ed agli uomini di domani che in nessun momento ed in nessun modo può esserci prevaricazione dell’uomo sulla donna. Un’educazione permanente può dare i suoi risultati.
Vi sono, però, ed è il secondo filone, i casi non gestibili nell’ambito educativo tradizionale.
Qui chiediamo che psicologi, assistenti sociali, educatori carcerari (in alcuni casi) siano maggiormente valorizzati e coinvolti e che la comunità possa fare la sua parte attraverso il volontariato, le parrocchie, l’associazionismo per stare vicino alle persone problematiche le quali vanno ascoltate per il bene loro e della loro famiglia, moglie e figli compresi.
Solo se la devianza, talvolta determinata da problemi contingenti e risolvibili, tornerà ad essere posta al centro delle politiche sociali per dare speranze ai disperati, valori a chi è consumato dall’aridità esistenziale riusciremo a contenere, se non a risolvere, tutti insieme, i drammi della porta accanto.