Abbiamo appena finito di leggere titoli allarmistici su una presunta “mazzata green” sotto forma di un atto normativo europeo che impone classi di fabbisogno energetico uniformi con una scadenza ravvicinata per il raggiungimento della classe E entro il 1 gennaio 2030 e la classe D entro il 1 gennaio 2033.
Una prospettiva inquietante, che fa calcolare che il salto di tre classi , dalla più scarsa a quella che ce-lo-chiede-l’Europa venga a costare trentamila euro ad unità immobiliare, ovvero diecimila a classe, fate voi.
Non si tratta di una fake news , ma neppure di un allarme rosso: o meglio, l’allarme lo suoneranno i rossi in chiave anti governativa per promettere l’immobilismo immobiliare che ferma le follie europee con una mano, anzi con un pugno ovviamente chiuso.
Scherzi a parte sull’argomento è partita una campagna di disinformazione sulla quale cerchiamo di fare chiarezza.
La paura della superclassola europea prende le mosse da un sistema di classificazione delle prestazioni energetiche con una scala di lettere a tutti noto. Peccato che queste scale a lettere A – B – C – D eccetera hanno sì un valore relativo che rende confrontabili fra di loro famiglie simili di prodotti ma non li mette a paragone in valore assoluto perché misurano diverse grandezze.
Facciamo alcuni esempi .
Gli elettrodomestici che troviamo oggi in vendita sono dotati di un’ etichetta che graficamente evidenzia una classe A – B – C – D eccetera che esprime una classe di consumo dichiarata dal produttore in base a prove di laboratorio secondo uno schema europeo definito ECODESIGN. In tal modo il cliente può confrontare tra loro le prestazioni e valutare per ciascuno di essi il rapporto qualità prezzo anche sotto forma di risparmio energetico.
Anche per gli immobili esiste una classe energetica del tipo A – B – C – D eccetera che si accerta mediante un attestato di prestazione energetica (APE) da allegare agli atti di compravendita o di locazione. Ma il pezzo di carta viene rilasciato da un professionista sulla base di un calcolo teorico che soltanto in parte prende in considerazione gli elementi costruttivi dell’immobile . Oltre tutto il sistema di calcolo può subire variazioni tra Regioni, per cui il risultato dalla procedura utilizzata in Piemonte differisce da quello che si ottiene secondo le regole valide in Lombardia. Infine il calcolo, piemontese o meneghino che sia, non esprime un giudizio sul consumo ma sul fabbisogno, indipendentemente dal comportamento dell’utente o delle condizioni climatiche .
Il risultato è che la classe energetica diventa buona tutt’al più per confrontare immobili di una stessa zona ristretta ma non fornisce ulteriori informazioni. Questo spiega perché l’ APE , che fu presentato come uno strumento che avrebbe fatto aumentare il valore degli immobili più virtuosi , si sia risolto in una tassa da pagare ed in un adempimento burocratico in più. Ma soprattutto, è il caso di ricordarlo, si tratta di una classificazione nazionale effettuata con criteri addirittura locali.
L’intervento dell’ Unione Europea ha lo scopo di mettere ordine in questo sistema di classificazione, che peraltro si dimostrato inefficiente anche in altri Paesi , attraverso una classificazione unica basata su metodi di calcolo comuni legati tra l’altro ai consumi.
Si tratta in altre parole di stabilire un metodo di rilevamento comune su cui costruire classi A – B – C – D eccetera comuni per tutti i Paesi.
Quanto al significato delle classi non sarà certamente quello dell’ indice di prestazione energetica nostrano calcolato secondo il metodo APE , per cui al momento ragionare di classi D oppure E appare fortunatamente fuori luogo.
E’ previsto inoltre che le famigerate classi non saranno applicabili dal Belgio alla Sicilia, ma saranno valutate per zone climatiche, tenendo conto non solo del fabbisogno energetico locale ma anche delle caratteristiche della zona climatica.
Infine il provvedimento di là da venire avrà prevedibilmente la forma giuridica di una direttiva UE , che necessita di un provvedimento nazionale di recepimento che terrà conto, nei limiti della direttiva, delle realtà nazionale.
A questo punto possiamo tirare un sospiro di sollievo . I trulli di Alberobello o i Masi delle valli Bellunesi non corrono rischi di diventare fuorilegge .
In compenso si palesa l’occasione di rilanciare l’edilizia ormai orfana del Superbonus attraverso un piano di edilizia popolare che consenta la rottamazione degli immobili meno efficienti e risolva molti problemi di emergenza abitativa.